Sentendosi improvvisamente allontanare nel vuoto e nel buio, la dottoressa Stone, al suo primo lancio nello spazio, grida terrorizzata: «Che devo fare?». Kowalsky, l’astronauta veterano suo collega nella missione spaziale, le urla: «Aggràppati! A qualsiasi cosa!». È la scena clou dell’ultimo film di Alfonso Cuarón, realizzato insieme al figlio Jonàs, con il contributo della NASA e la sofisticata computer grafica 3D. Uno space movie affascinante, il cui pregio, aldilà delle evidenti distorsioni e falsità che contiene, è quello di far riflettere sul nesso tra le leggi della fisica e della fisiologa da una parte, e il lavoro del pensiero dall’altra. Apprendiamo così che la forza di gravità è un aiuto alla vita psichica: un’idea geniale e psicologicamente corretta.(2) Da vedere. Ecco il link al trailer del film:
La trama in breve.
«Gli astronauti Ryan Stone (Sandra Bullock) e Matt Kowalsky (George Clooney) lavorano ad alcune riparazioni di una stazione orbitante nello spazio, quando un’imprevedibile catena di eventi gli scaraventa contro una tempesta di detriti. L’impatto è devastante, distrugge la stazione e li lascia vagare nello spazio nel disperato tentativo di sopravvivere e trovare una maniera per tornare sulla Terra»:3 «Houston alla cieca, mi sentite?» è l’appello ripetuto da ciascuno dei due durante tutto il film.
I difetti del film…
…risiedono anzitutto, a mio giudizio, nello stile metafisico e misticheggiante, che lo appesantisce non poco. La scena finale, ad esempio, ricorda certi quadri, pur pregevoli, del pittore pesarese Marcello Antonelli (1932-2009): un simbolismo insistito, che Cuarón sposa in toto, firmando regia, montaggio e sceneggiatura (oltre ad esserne il produttore: voleva proprio farlo, questo film!). Chi è l’eroina up to date? Ovvio! Una madre-astronauta che deve elaborare il lutto più grave che ci sia: la morte dell’unica figlia. Non mi soffermo sulle molte distorsioni e falsità, già bene individuate da diversi siti web, la cui consultazione è comunque divertente: la science fiction non si cura dell’effettiva velocità dei detriti o delle procedure di apertura dei portelli delle stazioni spaziali.(4) Pazienza.
… e il suo pregio.
Uno spunto resta molto interessante. Siamo soliti pensare alla gravità come qualcosa di scomodo: ci fa cadere, rende pesanti gli oggetti che trasportiamo e faticose le scale che saliamo. Questo film mostra che le cose stanno proprio all’incontrario: qui gravity è… la meta. O meglio: è un aiuto prezioso per andare a meta. Non può che essere così. Se pensiamo che la comparsa dell’Homo Sapiens risale a circa 200.000 anni fa (migliaio più migliaio meno, senza contare le generazioni degli ominidi precedenti), comprendiamo che l’evoluzione del corpo umano è avvenuta coniugando le leggi fisiche del nostro pianeta con quelle della fisiologia (locomozione, circolazione, senso-percezione, etc.). La gravità ha aiutato l’uomo ad orientarsi nei suoi moti, cosicché ci è facile sapere che stiamo andando da qualche parte. Diventa quasi un tutt’uno con il volerci andare. Insomma, senza gravità – come dicono a Milano – «l’è un laurà de matt!». Gli astronauti devono riguadagnare tutta l’elaborazione dei loro moti, e apprendere come muoversi secondo mete e obiettivi in assenza delle indicazioni che registriamo ordinariamente sulla superficie terrestre.(5) In una delle prime scene, la protagonista non riesce ad afferrare uno strumento che le è sfuggito di mano ed esclama: «Sono abituata a lavorare nel laboratorio dell’ospedale, dove le cose cadono in terra!» In questo senso, quella di Cuarón si rivela un’esplorazione geniale che ci fa maggiormente apprezzare quel che chiamiamo “avere i piedi per terra”.
Un appunto sull’angoscia.
Un bell’articolo ha caratterizzato questo film come “angoscia senza peso”.(6) In effetti, l’angoscia è ben descritta da una delle frasi del film: «Viene da cagarsi sotto quando le cose sono slegate». Ma non c’è bisogno di andare oltre l’atmosfera per farne esperienza: ogni bambino lo sa, un momento dopo che l’adulto gli «ha messo le parole addosso». Le parole, non le mani, possono recidere i legami più rilevanti del bambino.(7) È capitato a tutti.
Non solo: l’angoscia ha a che fare, sorprendentemente, con… la bellezza. L’aurora, è detto nel film, è uno spettacolo fantastico: vista da lassù, la Terra «è bella, tutta azzurra». È quel che disse anche Gagarin, il primo uomo lanciato nello spazio.(8)
Aggiungo: anche la Bullock che volteggia in shorts dentro la cabina spaziale è bella! L’attrice ha quarantanove anni e un fisico da venticinquenne. Ma perché spendere lo stesso aggettivo per un corpo celeste e per un corpo femminile così ben curato e sapientemente ritratto dalla fotografia? Ognuno provi a rispondere. Privo di qualsiasi “tocco” umano, tutto quel che si trova nell’universo astrale non può che destare angoscia.
Piero Fornasetti l’aveva capito bene:(9) le sue lune e i suoi soli, che sembrano farci l’occhiolino con umana e benevola complicità, sono i frutti della sua mente visionaria, con cui possiamo arredare i locali di casa nostra, dalle tende alle piastrelle da cucina (le mie sono tappezzate di mongolfiere). Lune e soli sembrano dirci, con le parole di Kowalsky-Clooney nel film: «La vedi? È lì che dobbiamo andare. Torniamo a casa». Per l’appunto: il titolo di questo film non è Without Gravity – come ci aspetteremmo – ma solo Gravity: la legge newtoniana di gravitazione universale qui è evocata per significare l’aspirazione alla meta. Sempre e comunque. La suggestiva raccomandazione dell’astronauta alla collega, «Non mollare!», è dunque corretta: «Aggràppati! A qualsiasi cosa!». Vale per ciascuno, hic et nunc, qui ed ora.
Dedico con piacere questo articolo al prof. Giovanni Cavagna,
mio docente di fisiologia negli anni settanta,
maestro di vera passione per la ricerca e la didattica
NOTE
1 L’articolo è apparso il 18 ottobre scorso nella rubrica Father & Son del sito Cultura Cattolica, a cura di E. Leonardi, con illustrazioni di C. Ciceri.
2 Il tema è di quelli che attraversano i millenni della storia dell’umanità: dal profeta Elia rapito in cielo su un carro di fuoco a Dedalo e a suo figlio Icaro, figura tuttora carica di simbolismi. Al plurisecolare dibattito fra geocentrismo ed eliocentrismo, tutto interno alla diatriba tra religione e scienza, si è affiancata la grande letteratura: da Leopardi del “Che fai tu luna in ciel?” a Italo Calvino, che apre le Cosmicomiche con le bellissime pagine de La distanza della Luna. In anni più recenti, il cinema ci ha proposto di tutto e di più.
Ricordo solo: 2001 Odissea nello spazio (Kubrik, 1968) e Apollo 13 (Ron Howard, 1995). Infine la musica “leggera”, con il popolare successo della canzone Help me! (Dik Dik, 1974), ispirata al brano Space Oddity, che David Bowie lanciò pochi giorni prima dell’allunaggio dell’Apollo 11. Un testo agghiacciante.
3 http://www.mymovies.it/film/2013/gravity.
4 Riporto i link ad alcuni di questi siti, informando che il secondo e il terzo svelano anche il finale del film.
Lettore avvisato…
http://it.cinema.yahoo.com/blog/multisala/gravity-di-alfonso-cuaron-gli-errori-impossibili-084924030.html.
http://www.ilmessaggero.it/TECNOLOGIA/SCIENZA/esa_asi_iss_spazio_samantha_cristoforetti_gravity_cloo
ney_bullock_cuaron_astronauta_parmitano/notizie/339247.shtml
http://www.lastampa.it/2013/10/03/societa/gravity-che-bello-far-finta-di-crederci-
422zcEZtpcQe7f44kjsQ0I/pagina.html
5 Qui solo un cenno alla letteratura scientifica: il prof. Giovanni Cavagna, docente di fisiologia
all’Università di Milano, si è occupato a più riprese degli effetti della gravità sui movimenti del corpo umano.
Qualche anno prima dello sbarco sulla Luna (1969), egli pubblicò con il prof. Margaria un deambulazione umana sulla superficie lunare (R. Margaria, G.A. Cavagna, Human Locomotion in Subgravity, Aerospace Medicine, dicembre 1964). In esso, i due studiosi «avevano previsto, sulla base di uno studio teorico basato sui dati ottenuti sulla Terra, che non sarebbe stato praticamente possibile camminare sulla Luna. In effetti, le riprese degli astronauti sulla Luna hanno ben dimostrato che la locomozione avveniva tramite piccoli balzi, con un meccanismo apparentemente simile a quello della corsa» (G.A. Cavagna). «In gravity conditions such as the moon (0,16g) walking should be practically impossible» (R. Margaria, G.A. Cavagna, art. cit.).
6 Emanuela Martini, Angoscia senza peso, Domenica Il Sole24ore, 13 ottobre 2013, pag 50.
7 Debbo a G.B. Contri questa espressione e la relativa articolazione, che egli ha proposto più volte: «Dalle parole addosso siamo quasi senza difesa, da grandi come da piccini: da grandi perché già da piccini (ecco Freud).» Si veda, per esempio:
http://www.studiumcartello.it/Public/EditorUpload/Documents/GBC_THINK/090417TH_GBC3.pdf
8 «La Terra è blu [...] Che meraviglia. È incredibile.» Per un approfondimento, suggerisco: Lev Danilkin, Gagarin, Castelvecchi, Lit Edizioni, 2013.
9 Piero Fornasetti (1913-1988) è stato un famoso pittore, scultore e designer milanese.