Mi si potrebbe chiedere come mai io dedichi un articolo per stroncare un racconto che mi ha suscitato orrore e rabbia. Non sarebbe stato meglio archiviarlo anziché renderlo noto? Il fatto è che alcune letture possono risultare molto istruttive, anche se “in negativo”. E’ il caso di questo racconto, contenuto in più di un’antologia per ragazzi delle medie inferiori. L’autore, Al Sarrantonio, è uno scrittore statunitense molto prolifico, che riscuote grande successo nel generehorror anche qui in Italia. (1)
Per comprendere di che cosa stiamo parlando, invito a leggere il breve testo che segue, prima delle mie righe di commento.
LETTERE DAL CAMPEGGIO ESTIVO: un racconto di Al Sarrantonio (2)
Lo sconcerto
Se la pagina del sito su cui scrivo fosse “interattiva”, ora chiederei al lettore se ha compreso subito il finale o dopo un attimo di sconcerto. Io sono rimasto sconcertato dal fatto che un ragazzo di undici anni, cui il testo era stato assegnato per un compito a casa, non l’avesse compreso “fino in fondo”. Infatti, senza quel finale, sarebbe tutto un altro racconto. Successivamente ho voluto mostrarlo ad alcuni adulti, tra cui un mio collega, persona “con molte primavere sulle spalle”: con sorpresa ho registrato che diversi di loro hanno subìto lo stesso contraccolpo. Il che ha accresciuto il mio interesse.
Falso e vero orrore
Il genere horror, vasto e composito, è di tutto rispetto e da anni vi trova posto anche un nutrito filone per ragazzi. Fin qui, benissimo. Lo stesso Sarrantonio ha dichiarato di aver curato un’imponente antologia proprio per «tastare il polso al paziente, la scrittura horror, per vedere come sta all’alba del nuovo millennio.» (3)
Nel racconto in questione, il problema non è il Tyrannosaurus Rex, come non lo è mai stato l’orco, Mangiafuoco o il lupo cattivo nelle fiabe di una volta: penso anzitutto a certi racconti dei Grimm. Ogni bambino può trovare divertente il gioco «io scappo, tu mi prendi!», anche se poi, da adulti, si stenta a pensarlo o a ricordarsene.
In Lettere dal campeggio estivo l’orrore, lo scandalo imperdonabile, è tutto nella rivelazione finale: dalla lettera del direttore apprendiamo che i ragazzi non sono stati rapiti o sequestrati e che i genitori, ben consci di quel che sarebbe successo, sono i veri mandati dell’omicidio!
Perché è di questo che si tratta, con l’aggravante del figlicidio: il Campeggio Ultima è in realtà un’associazione a delinquere, il reato è addirittura omicidio volontario plurimo e quei genitori dovrebbero rispondere in concorso di omicidio.
Ripeto: impensabile per ogni intelletto ben costituito.
Anche perché, come qualcuno mi diceva in questi giorni, «la soluzione prospettata contraddice vistosamente l’idea instillata sin dall’infanzia, ovvero che i genitori “ti faranno sempre del bene”».
La parola alla difesa
Anna M. Mazzucco, psicologa in campo educativo ed esperta di problematiche preadolescenziali, ha dedicato alcune righe a questo racconto. Dopo avere precisato che «non sappiamo di cosa essi [i ragazzi] siano effettivamente “colpevoli”», essa analizza del tutto correttamente i passaggi in cui Sarrantonio articola la sua soluzione finale: 1) l’allontanamento dalla famiglia, orami impotente; 2) l’isolamento in cui il ragazzo “non deve render conto di niente” ai robot del campeggio; 3) l’eliminazione. (4)
«La punizione del racconto, nel suo paradosso – prosegue la Mazzucco – non è poi molto diversa almeno nelle sue fasi dagli interventi punitivi ai quali spesso si ricorre a scuola. Può sembrare un’affermazione azzardata. Ma se si prova a esaminare quello che succede spesso in una classe, con molte probabilità ci si ritroverà di fronte alla medesima successione dei tre atti sopra descritti.»
Povera scuola!, vien da esclamare, proprio come Jannacci cantava “Povero re!”.
Ad ogni modo, la Mazzucco ha ragione nel difendere il racconto di Sarrantonio: così inteso, sarebbe ottimo materiale per la formazione degli insegnanti oltre che per aiutare quei genitori che, non potendone più dei figli “difficili” e non trovando nessuno capace di trattare con loro, non riescono ad uscire dall’impasse!
La fantasia di Sarrantonio viene dunque loro in aiuto: pensieri estremi a estremi conflitti, evidentemente lasciati covare troppo a lungo sotto la cenere.
Letture amiche e nemiche
Ma è grave e insensato che Lettere dal campeggio estivo venga fatto leggere ai ragazzi delle medie inferiori, per i quali non è affatto una buona lettura, ma un attentato al pensiero: un attacco non meno grave di quello che abbatté le Twin Towers. Il rischio è che possa colare non il loro sangue ma l’anima. (5)
Molto meglio il finale dei pifferaio di Hamelin, ovvero la risposta-sanzione dei bambini che seguono questo strano personaggio lasciandosi alle spalle gli adulti spergiuri e cialtroni della loro cittadina, antesignana del campeggio-recinto di Sarrantonio. (6)
Tutta un’altra soluzione. (7)
P.S.
Con ciò, non ho “stroncato” il racconto di Al Sarrantonio: l’ho “giustiziato”. (8)
NOTE
1. Al Sarrantonio (1952) ha pubblicato, nel corso degli ultimi 35 anni, più di 45 libri e 80 racconti. Ha inoltre curato numerose antologie ed è considerato un “brillante maestro di antologie”.
2. Lettere dal campeggio estivo è pubblicato in Storie da un altro mondo, a cura di I. Asimov, Mondadori, Milano, 1992. Il testo qui riportato è tratto da: Rosetta Zordan, Il quadrato magico, Fabbri Editori © 2004 RCS Libri S.p.A. – Divisione Education, www.amicascuola.it.
3. Cfr.: http://www.occhirossi.it/libri_horror/666.htm. I pareri sulla “diagnosi” di Sarrantonio non sono concordi, ma tant’è.
4. Cfr. M. Marchegiani, Anna M. Mazzucco, Fianco a fianco. Storie di preadolescenti a scuola, Armando, Roma, 2012.
5. L’espressione, drastica ma efficace, è stata coniata anni fa da Giacomo B. Contri. Qui si attaglia molto bene.
6. Circa la fiaba dei Grimm, rinvio a: Hamelin: genitor(t)i e figli, in: Think!, 16 marzo 2011:
http://www.giacomocontri.it/BLOG/2011/2011-03/2011-03-16-BLOG-hamelin%20genitor%20ti%20e%20figli.htm
7. Mentre ero intento a superare il mio sconcerto, mi sono ricordato di una pagina poco nota di Freud, dedicata ad un editore di Vienna che gli aveva chiesto di mettere per iscritto una lista di dieci “buoni libri”. Freud risponde soffermandosi sull’aggettivo “buono”: «con questo predicato [suppongo che] Ella voglia indicare libri che si considerano alla stregua di “buoni” amici, a cui si deve qualcosa per la propria conoscenza della vita e la propria concezione del mondo, che ci hanno procurato del godimento e che raccomandiamo volentieri agli altri… [corsivi miei]» S. Freud, Risposta a un questionario sulla lettura e sui buoni libri (1907), OSF, vol. V, pag. 367. Ci siamo, mi sono detto: si tratterà di distinguere tra letture amiche e nemiche del pensiero.
8. Ho parafrasato il finale del celebre film di Billy Wilder Testimone d’accusa: il simpaticissimo avvocato, sconcertato dall’ignobile inganno finalmente svelatosi, di fronte al cadavere del colpevole, replica così a chi ha appena esclamato “L’ha ammazzato!»: «Non l’ha ammazzato. L’ha giustiziato!». E’ ben diverso.
(Testimone d’accusa, USA 1957, con Charles Laughton, Marlene Dietrich, Tyron Power).
Questo articolo è stato pubblicato il 22/05/2015 sul sito http://www.culturacattolica.it