Father&Son: una rassegna a tutto campo che «pesca» nella vita di tutti i giorni, personale, sociale e politica. Tema vasto e trasversale. Di certo rilevante, finora poco esplorato.
Father&Son, con la & commerciale, è uno slogan; è il marchio più diffuso del capitalismo, anzitutto americano: padre e figlio contraddistinti dall’avere in comune la medesima azienda o impresa.
Con qualche precedente ante litteram, rappresentato dalla parabola del figliol prodigo. Ovvero: gli affari innanzi tutto. L’interessante è che non si possono curare i propri affari se non passando per quelli di un altro. Un simile pensiero è più prossimo alla posizione del padre o del figlio? Viene il giorno in cui tale alternativa decade. Espressioni quali amore paterno o amor filiale rivestono di una patina sentimentale la questione, che invece a volte può farsi puntuta, fino a diventare per taluni una specie di forche caudine. Infatti spesso capita di trovare padre e figlio su fronti contrapposti, come nel romanzo autobiografico Onora il padre di T. Berger (2007) o nel più datato Figlio!… Figlio mio! di H. Spring (1949).
Father&Son alla prova, dunque: in quel che si può reperire nei media e nella letteratura, nella produzione cinematografica o musicale, come pure nelle conversazioni ordinarie. Chiunque può accorgersi della presenza o meno di questo tema in un discorso o in un’argomentazione: anzi, talvolta la sua assenza rivela più della sua presenza. Né serve dichiararsi neutrali, quando occorre invece prendere posizione. Nello spirito del nostro tempo, allorché troviamo la patologia del rapporto padre-figlio, registriamo uno di questi tre casi: 1) è un tabù, e non si deve nemmeno menzionare; 2) è un caso di perversione, di cui non mancano esempi nella letteratura, non soltanto gay; 3) è solo un binomio che non si appoggia ad alcun concetto preciso.
Father&Son: eredità, successione, regalità, titolarità. La lista può continuare a lungo, perché abbraccia i millenni, spaziando dai miti antichi fino alla storia dei nostri giorni:
dalla teogonia dell’antica Grecia, in cui Urano è castrato dal figlio Crono, poi detronizzato a sua volta da Zeus, fino al racconto omerico dell’incontro tra Priamo e Achille, dove il primo si imbratta di sterco per ottenere dal nemico la restituzione del cadavere del figlio Ettore;
dai primi patriarchi dell’Antico Testamento, Abramo e Isacco, al concilio di Nicea (325 d.C.) che affermò il Figlio come omousios (consustanziale) anziché soltanto omoiusios (consimile) al Padre;
nell’era moderna: l’imponente produzione shakespeariana, o alcune raffinate ricostruzioni recenti (penso alla figura di Giorgio VI nel film Il discorso del re, 2010).
Father&Son: «i tuoi affari si stanno esaurendo» (your business is running out), canta la graziosa e giovanissima Eliza Dolittle nel brano che l’ha resa celebre, Pack up. Lo ha tratto da una nota marcia militare del 1915, Pack up your troubles in your old kit-bag. Poco più di un anno dopo gli USA entravano in guerra. Nel ’68, i nipoti di quei figli che erano stati lanciati in trincea sarebbero passati in massa a pretendere di riscuotere il frutto, molto incerto, di quelle promesse.
Father&Son: cliccando queste parole in google, si rimane sorpresi. Le prime tre pagine sono tutte centrate sull’omonima canzone di Cat Stevens (1970), convertitosi qualche anno dopo alla fede musulmana fino a mutare il nome in quello di Yusuf Islam. Caso sorprendente e istruttivo.
La rubrica si presenta come un’inchiesta senza limiti e freewheeling, a ruota libera, che utilizzerà e vaglierà i materiali più diversi. Un posto del tutto particolare spetta a Freud che, privilegiando il complesso paterno, sostiene il concetto di «padre». Il pensiero di natura, elaborato da G.B. Contri, ne raccoglie e rilancia l’eredità.
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